Ricorso ex art. 127 costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri  (c.f.  80188230587)  rappresentato  e  difeso   per   legge
dall'Avvocatura Generale dello Stato (c.f. 80124030587), presso i cui
uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12,  manifestando  la
volonta'   di   ricevere   le   comunicazioni    all'indirizzo    PEC
ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it; 
    Nei confronti della Regione  Autonoma  Friuli  Venezia  Giulia  a
Statuto speciale, in persona  del  Presidente  pro  tempore,  per  la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli. 13, 15
comma 4 e 23 della legge della Regione Friuli Venezia  Giulia  n.  34
del 20 ottobre 2017 pubblicata nel BUR n.  42  del  25  ottobre  2017
recante: «Disciplina organica della gestione dei rifiuti  e  principi
di economia circolare» giusta delibera del Consiglio dei ministri  in
data 18 dicembre 2017. 
    Con la legge regionale n. 34 del  25  ottobre  2017  indicata  in
epigrafe, che consta di 40 articoli , recante -  Disciplina  organica
della gestione dei rifiuti e principi  di  economia  circolare  -  la
Regione  Friuli  Venezia  Giulia  a  statuto  speciale   ha   dettato
disposizioni «..in attuazione del decreto legislativo 3 aprile  2006,
n. 152 ( Norme in materia ambientale )  disciplina  la  gestione  dei
rifiuti  sul  territorio  regionale  favorendo  la  riduzione   della
produzione  e  assicurando  le  piu'  alte  garanzie  di   protezione
dell'ambiente e di tutela di salute dei cittadini» (art. 1). 
    E' avviso del Governo che, con le norme denunciate  in  epigrafe,
la Regione  Autonoma  Friuli  Venezia  Giulia  abbia  ecceduto  dalla
propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come
si confida di dimostrare nei seguenti 
 
                               Motivi 
 
    Occorre premettere che la legge regionale, recante una disciplina
organica della gestione dei rifiuti e principi di economia circolare,
eccede dalle competenze  riconosciute  alla  Regione  Friuli  Venezia
Giulia dallo Statuto speciale di  autonomia  (l.c.  n.  1/1963),  con
particolare riferimento agli articoli 13, 15, comma 4, e 23 norme che
si pongono in contrasto, rispettivamente, con gli articoli 13,  94  e
208, comma 13, del decreto legislativo n. 152  del  2006,  eccedendo,
pertanto, dai limiti di cui all'art.  4  (1)  ,  comma  primo,  dello
Statuto  di   autonomia,   risultando   invasive   della   competenza
legislativa in materia  di  tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema
riconosciuta allo Stato dall'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),
della Costituzione. 
    La norma statutaria richiamata,  infatti,  non  attribuisce  alla
Regione competenze in materia e, secondo la  costante  giurisprudenza
costituzionale la disciplina della gestione dei rifiuti rientra nella
materia  «tutela  dell'ambiente  ed  ecosistema»  riservata  in  base
all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  s),  Cost.  alla  competenza
esclusiva dello Stato ex multis sentenze n. 34 del 2012, n. 244 e  n.
33 del 2011, n 331 e n 278 del 2010  e  n.  91  e  n.  10  del  2009)
affermandosi che «la tutela dell'ambiente  rientra  nelle  competenze
legislative esclusive dello Stato  e  che  pertanto  le  disposizioni
legislative statali adottate in tale ambito fungono  da  limite  alla
disciplina delle  Regioni  anche  a  statuto  speciale,  dettano  nei
settori di loro competenza essendo ad essa  consentito  eventualmente
di incrementare i livelli di tutela ambientale senza compromettere il
punto di equilibrio di  esigenze  contrapposte»(sentenza  n  300  del
2013). 
    1) L'art. 13 della legge regionale Friuli Venezia  Giulia  n.  34
del 20 ottobre 2017 viola l'art.  117,  comma  2,  lettera  s)  della
Costituzione con riferimento all'art. 13 del decreto  legislativo  n.
152 del 2006. 
    L'art. 13 rubricato -  procedimento  di  formazione,  adozione  e
approvazione del Piano regionale di gestione dei rifiuti -  definisce
il procedimento nel seguente modo «In attuazione dell'art 199 comma 1
del  decreto  legislativo  n.  152/2006  e  in   applicazione   delle
disposizioni relative alle procedura di verifica di assoggettabilita'
alla valutazione ambientale strategica e al processo  di  valutazione
ambientale strategica, la struttura regionale competente  in  materia
di gestione dei  rifiuti  provvede  alla  predisposizione  del  Piano
considerando  le  indicazioni  elaborate  dal   forum   dell'economia
circolare di cui all'art. 4. Il progetto di piano munito del relativo
rapporto ambientale e delle sintesi non  tecnica  e'  adottato  dalla
Giunta Regionale.». 
    Il  procedimento  di  approvazione   del   Piano   regionale   di
approvazione dei rifiuti cosi'  descritto  non  e'  coerente  con  le
disposizioni di cui al Titolo II  della  Parte  Seconda  del  decreto
legislativo n. 152/2006, in quanto  non  introduce,  all'interno  del
procedimento, tutte le necessarie e simultanee fasi di redazione  del
Rapporto ambientale di valutazione di impatto strategico VAS previste
dalla normativa statale e comunitaria in materia. 
    In particolare, sebbene nella legge in esame si faccia  esplicito
richiamo  alle  diposizioni  contenute  nel  decreto  legislativo  n.
152/2006, la norma in esame regola il procedimento  di  adozione  del
Piano  escludendo  la  fase  di  valutazione   e   di   consultazione
preliminare, come prevista  dall'  art.  13,  comma  1,  del  decreto
legislativo n. 152/2006,  ai  sensi  del  quale  «Sulla  base  di  un
rapporto preliminare sui possibili impatti  ambientali  significativi
dell'attuazione del piano o programma, il proponente e/o  l'autorita'
procedente entrano in  consultazione,  sin  dai  momenti  preliminari
dell'attivita' di elaborazione di piani e programmi, con  l'autorita'
competente e gli altri soggetti competenti in materia ambientale,  al
fine di  definire  la  portata  ed  il  livello  di  dettaglio  delle
informazioni da includere nel rapporto ambientale». 
    Tale mancata previsione  determina  che  nella  fase  istruttoria
preliminare all'adozione del provvedimento non venga  predisposto  un
documento di Piano (in versione  preliminare)  e  del  corrispondente
Rapporto preliminare di VAS;  in  conseguenza  di  cio'  non  vengono
effettuate le necessarie consultazioni di scoping. 
    La   fattispecie,   introducendo   una    modifica    procedurale
nell'adozione del Piano e' analoga ad altra gia' esaminata da Codesta
Corte nella sentenza  n.  210  del  2016.  Nella  predetta  sentenza,
nell'esaminare la legittimita' costituzionale di una norma  regionale
che  sopprimeva  nel  procedimento  di  adozione  del  piano  per  le
attivita' estrattive il riferimento alla necessita' che  il  progetto
di  Piano  regionale  delle  debba  essere  corredato  dal   rapporto
ambientale come previsto dal decreto legislativo n. 152/2006  codesta
Corte  ha  ritenuto  che  le  modifiche  introdotte  dalla  normativa
regionale si pongano in contrasto con l'art. 117,  comma  2,  lettera
s), della Costituzione in relazione all'art. 13  decreto  legislativo
n. 152/2006 affermando «In  particolare,  l'esclusione  del  rapporto
ambientale dalla fase di adozione del progetto di Piano. Integra  una
inequivoca violazione  della  prescrizione  contenuta  nella  seconda
parte del comma 3 dell'art 13 del  decreto  legislativo  n.  152  del
2006.» (punto 4.2 dei considerata in diritto). 
    Con riferimento all'adozione del Piano regionale di adozione  dei
rifiuti, qui in esame, il contrasto  della  norma  regionale  con  il
parametro statale interposto si traduce immediatamente nella  lesione
dell'art 117, secondo  comma,  lettera  s),  Cost.  che  affida  alla
competenza   esclusiva   statale   la   «tutela    dell'ambiente    e
dell'ecosistema». 
    2) L'art. 15, comma  4,  della  legge  regionale  Friuli  Venezia
Giulia n. 34 del 2017, viola l'art. 117, comma 2,  lettera  s)  della
Costituzione riferimento all'art. 94 del decreto legislativo  n.  152
del 2006. 
    L'art. 15, rubricato  -  criteri  localizzativi  regionali  degli
impianti di recupero e di smaltimento dei rifiuti - prevede, al comma
quattro, che «Ai fini della salvaguardia delle acque  superficiali  e
sotterranee destinate al  consumo  umano  erogate  a  terzi  mediante
impianto di acquedotto che riveste carattere di  pubblico  interesse,
le discariche per rifiuti pericolosi e  per  rifiuti  non  pericolosi
sono localizzate a distanza superiore a tremila metri  nei  punti  di
captazione posti a valle delle stesse  rispetto  alla  direzione  dei
flussi di alimentazione della captazione». 
    L'insediamento di impianti di recupero e smaltimento  di  rifiuti
pericolosi e non pericolosi, in prossimita' di un'opera di captazione
di acque destinate al consumo umano, viene subordinato dalla norma in
esame al solo rispetto di una  distanza  predefinita  applicabile  in
modo uniforme a tutto il territorio regionale. 
    La norma citata non e' coerente con le disposizioni sulle aree di
salvaguardia  di  cui  all'art.  94  -  disciplina  delle   aree   di
salvaguardia delle acque  superficiali  e  sotterranee  destinate  al
consumo umano - del decreto legislativo n. 152/2006 che impongono  la
regolamentazione    della    localizzazione    in    ragione    delle
caratteristiche idrogeologiche dei siti interessati. 
    L'art. 94 citato, in particolare, prevede, al  comma  1,  che  le
aree di salvaguardia, suddivise in zona di tutela assoluta,  zona  di
rispetto e zona di protezione, debbano  essere  definite  in  maniera
specifica e caso per caso, in relazione  alle  singole  captazioni  o
derivazioni, sulla base delle indicazioni riportate nello stesso art.
94. 
    In tema e', peraltro, intervenuto anche  l'Accordo  tra  Stato  e
Regioni del 12  dicembre  2002  (Linee  guida  per  la  tutela  della
qualita' delle acque destinate al consumo umano  e  criteri  generali
per  l'individuazione  delle  aree  di  salvaguardia  delle   risorse
idriche). 
    La prescrizione  imposta  dalla  norma  in  esame  sul  possibile
insediamento di discariche di rifiuti  pericolosi  e  non  pericolosi
rispetto alle opere di captazione  che  richiama  un  unico  criterio
generale  meramente  «geometrico»   (3000   metri   a   monte   delle
captazioni), anche se in alcuni casi potrebbe  essere  sufficiente  a
garantire la  sicurezza  delle  acque  esclude  una  piu'  articolata
valutazione del sito di localizzazione che consenta di apprezzare per
ogni singolo insediamento il rispetto delle norme  di  sicurezza.  In
armonia con la norma statale interposta. 
    Il  contrasto  della  normativa  regionale  con  la  disposizione
legislativa statale si traduce per le ragioni  indicate  in  premessa
alle pagg. 2 e 3, da intendersi qui integralmente richiamate  in  una
lesione delle competenze legislative esclusive di  cui  all'art  117,
comma 2, lettera s), Cost. in  materia  di  «tutela  dell'ambiente  e
dell'ecosistema». 
    3) L'art. 23 della legge Regione Friuli Venezia Giulia n. 34/2017
viola  l'art.  117,  comma  2,  lettera  s)  della  Costituzione  con
riferimento all'art.  208,  comma  13,  del  decreto  legislativo  n.
152/2006. 
    L'art. 22 della legge regionale in oggetto, prevede al comma 1 la
«sospensione dell'autorizzazione unica» a seguito del verificarsi  di
alcune specifiche condizioni. In tali casi l'autorita' competente  in
materia di gestione dei rifiuti diffida, ai sensi  del  comma  2,  il
soggetto titolare dell'autorizzazione unica a far  cessare  la  causa
dell'inadempimento o della violazione assegnandogli un termine  entro
cui provvedere.  Il  comma  3  stabilisce  altresi'  che  qualora  il
soggetto titolare dell'autorizzazione unica non ottemperi,  a  quanto
previsto nell'atto di diffida, entro il termine  assegnato  nell'atto
di  diffida  stesso,  e'  ordinata  la   sospensione   dell'attivita'
autorizzata per un periodo  massimo  di  dodici  mesi.  Il  comma  4,
infine, prevede che per motivi di tutela igienico-sanitaria  e  della
salute pubblica puo' essere disposta  la  sospensione  dell'attivita'
autorizzata a decorrere dalla data di ricezione della diffida. 
    Sulla  base  delle  norme  come  riportate  appare  evidente   il
contrasto tra il comma 3 dell'art. 22 della legge regionale n.  34/17
citata, secondo il quale a seguito della non  ottemperanza  a  quanto
previsto nell'atto di diffida entro il termine assegnato nell'atto di
diffida stesso, e' ordinata la sospensione dell'attivita' autorizzata
per un periodo massimo di dodici mesi;  e  quanto  invece  stabilito,
differentemente, dalla lettera c), comma 13, dell'art.  208,  decreto
legislativo n. 152/06 che prevede, in  caso  di  non  ottemperanza  a
quanto previsto nell'atto di diffida «la revoca»  dell'autorizzazione
in luogo «della sospensione». 
    Cio' premesso l'art. 23 - decadenza dall'autorizzazione unica   -
prevede procedure di intervento, da parte  dell'autorita'  competente
in caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzative,  almeno  in
parte differenti da quanto stabilito dall'art.  208,  comma  13  alle
lettere b)  e  c),  decreto  legislativo  n.  152/06  in  materia  di
autorizzazione unica. 
    La norma statale richiamata stabilisce alla  lettera  b)  che  la
sospensione  dell'autorizzazione  per  un  tempo  determinato   viene
prevista, contestualmente all'atto di  diffida,  al  manifestarsi  di
situazioni di pericolo per  la  salute  pubblica  e  per  l'ambiente;
mentre alla lettera c) la  revoca  dell'autorizzazione  nel  caso  di
mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con  la  diffida  e  in
caso di reiterate violazioni che creino situazioni di pericolo per la
salute e l'ambiente. 
    Dalla difformita' della  disciplina  statale  rispetto  a  quella
regionale deriva per quanto evidenziato in premessa (pagine  2  e  3)
che qui  integralmente  si  richiama  in  relazione  alla  competenza
esclusiva statale, l'illegittimita'  costituzionale  della  norma  in
rubrica per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s),  Cost.  in
relazione all'art. 208  comma  13,  lettera  b)  e  c),  del  decreto
legislativo n. 152 del 2006. 

(1) In  armonia  con  la  Costituzione,  con  i   principi   generali
    dell'ordinamento giuridico dello Stato, con le norme fondamentali
    delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali
    dello Stato, nonche' nel rispetto degli interessi nazionali e  di
    quelli delle altre Regioni, la Regione  ha  potesta'  legislativa
    nelle seguenti materie: 1) ordinamento degli Uffici e degli  Enti
    dipendenti dalla Regione  e  stato  giuridico  ed  economico  del
    personale ad essi addetto; ((1-bis) ordinamento degli enti locali
    e delle relative  circoscrizioni;))  2)  agricoltura  e  foreste,
    bonifiche,  ordinamento   delle   minime   unita'   culturali   e
    ricomposizione fondiaria,  irrigazione,  opere  di  miglioramento
    agrario e fondiario, zootecnia, ittica, economia  montana,  corpo
    forestale; 3) caccia e pesca; 4) usi civici; 5) impianto e tenuta
    dei libri fondiari; 6) industria, e commercio; 7) artigianato; 8)
    mercati e fiere; 9) viabilita', acquedotti e lavori  pubblici  di
    interesse  locale  e   regionale;   10)   turismo   e   industria
    alberghiera; 11) trasporti su funivie e  linee  automobilistiche,
    tranviarie e filoviarie, di interesse regionale; 12) urbanistica;
    13)  acque  minerali  e  termali;  14)   istituzioni   culturali,
    ricreative e sportive: musei e biblioteche di interesse locale  e
    regionale.